La Storia

Dalle origini al 1534

Le prime testimonianze dell’esistenza di un archivio comunale risalgono agli Statuti del 1315 ed, in particolare, ad un’addizione del 1324 in cui sono menzionati un archivio detto sacrastia o sacristia (archivio dei documenti riguardanti il reggimento politico del Comune e le relazioni esterne) e i funzionari ad esso preposti secretarii o sacrestarii.

Negli statuti del 1350 fu inclusa una disposizione, riprodotta poi in quelli del 1365, secondo cui le chiavi della sacrestia dovevano essere tenute dai vicedomini, che, in ogni modo, potevano aprirla solo alla presenza dei giudici-rettori.

In sostanza, quindi, la responsabilità dell’archivio rimase legata al vertice politico del comune e fu mantenuta la separazione tra la Sacrestia Communis Tergesti e l’Archivio della Vicedomineria. Nella prima, probabilmente ospitata in una stanza del palazzo comunale, vi dovevano essere conservati un esemplare dei vigenti Statuti comunali, i registri dei redditi e delle proprietà comunali e documenti pubblici di vario tipo e provenienza. Il secondo, invece era costituito dai registri e dalle scritture prodotti dagli uffici del Comune nell’esplicazione delle loro funzioni amministrative e giudiziarie. Dopo il 1365 la sacrestia non fu più nominata e l’archivio fu trasferito presso la vicedomineria, ma i due archivi non furono fusi e, col tempo, la sacrestia prese il nome d’Archivio Segreto. Ambedue gli archivi subirono ingenti danni durante il saccomanno del 1469, ma grazie all’opera svolta da Giovanni Daniele Mercatelli, gli atti di maggiore importanza furono ricostruiti. Egli, infatti, che nel 1468 divenne membro del Maggior Consiglio, nel 1484 vicedomino e poi a più riprese cancelliere del comune, redasse una raccolta di copie, ricavata probabilmente o da altre, tratte per uso personale, o da originali o copie custoditi altrove. [Quaternus litterarurm et privilegiorum Divorum Friderici Maximiliani ac Ferdinandi Impp. Scriptus a IO. Daniele Mercatellio Anno 1517. Coll. AD Alfa B2]

Il più antico inventario dell’archivio della vicedomineria risale al 1502.
Esso fu compiuto dai giudici-rettori e il registro relativo fu compilato da Geremia de Leo, cancelliere di palazzo.
L’archivio fu ordinato per serie corrispondenti agli uffici del comune ed ogni serie distingue tra i “Quaterni veteres” (anteriori al 1469), elencati disordinatamente e con approssimazione, e “Quaterni novi” (posteriori al 1469), elencati in ordine cronologico, con indicazione del redattore, del numero delle carte, dell’anno e del reggimento di competenza.
Agli inizi del 1510 fu affidata al notaio Giovanni Battista Bonomo l’ispezione dell’archivio della vicedomineria e la revisione dell’inventario del 1502, il quale fu adoperato ed aggiornato fino al 1532, quando il notaio Ottaviano Cigotti si apprestò a redigerne uno nuovo che concluse l’anno successivo.
Dal 1534 quest’inventario fu revisionato ogni anno.
Nel 1561 un terzo inventario fu redatto probabilmente dal vicedomino Pietro Pellegrini e, anche se impreciso e schematico, fu usato fino alla metà del secolo successivo. [ Registro dei libri di Vicedomineria. Coll. AD ß E 5].
Anche l’Archivio Segreto ebbe i suoi inventari, di cui il più antico risale al 1581 [Inventari dell’Archivio Segreto. Coll. AD ß E 7], effettuato dai giudici-rettori e redatto dal vicedomino Dorio Peterlino.
I documenti erano riposti in sei casse senza un criterio preciso in cui, oltre a loro, erano custoditi i sigilli del comune e un certo numero di registri e codici tra i quali spiccano quelli degli statuti, prima conservati nella Vicedomineria.


Dal 1653 al 1862

Nel 1653, all’interno di un quarto inventario dell’Archivio della Vicedomineria, fu operata una classificazione più articolata che nel passato [Inventario Atti Vicedomineria dal 1600. Coll.AD ß E 6]. I quaterni novi divennero i registri redatti dal 1600 in poi, mentre i quaterni veteres indicavano i registri e le scritture del XVI sec., cui fu dedicato un apposito repertorio [Repertorio della Vicedomineria 1500-1599. Coll. AD Alfa EE 21].
Le scritture più antiche non furono quasi prese in considerazione, salvo definirle saltuariamente quaterni inutiles.
Nella metà del XVII sec. l’archivio fu oggetto di un’ulteriore risistemazione come dimostra l’inventario relativo .
I documenti furono divisi in 16 casselle, sempre senza un criterio preciso, però a ciascuno furono assegnati una precisa collocazione e un numero progressivo.
Dal 1690, anno in cui il palazzo municipale subì un incendio, al 1732, anno dell’abolizione dell’istituto dei vicedomini, gli archivi subirono vari sconvolgimenti, che implicarono la perdita di numerosi documenti e registri.
Con l’abolizione dei vicedomini, la responsabilità degli archivi fu affidata al segretario e all’aggiunto-registratore, che, in base alla circolare di Vienna del 31 dicembre 1732, furono sollecitati a compilare l’inventario delle scritture della vicedomineria [Cfr.Tre documenti originali, dei quali uno del 1549 e gli altri del XVIII secolo, riguardanti l’Archivio del Comune. Coll. AD 9G 4/14 c.5], secondo delle direttive fatte loro pervenire in seguito [Cfr Per li Statuti di Trieste dell’anno 1762 Coll. AD 12 A 1/6, n. 28].
Ma questa riforma non portò miglioramenti significativi.
Nel 1757 Andrea Giuseppe Bonomo-Stettner e don Aldrago Piccardi furono incaricati di riordinare gli archivi del comune e di compilarne un inventario, di cui però non si ha notizia, eccetto una richiesta da parte della Commissione Pubblico-Economica sopra gli affari della città di Trieste di un resoconto del lavoro svolto e di un parere sui provvedimenti da adottare datati 1771.
Un altro tentativo di migliorare lo stato dell’archivio della vicedomineria fu compiuto dal notaio Francesco Rainis che riuscì solo a compilare un repertorio degli atti giurisdizionali e pupillari posteriori al 1768 e ad ordinare cronologicamente i fascicoli degli atti del tribunale vicariale e i testamenti redatti dopo il 1550.


Dal 1868 ad oggi

Nel 1809 Domenico Rossetti iniziò a studiare i documenti degli archivi comunali e nel 1828 elaborò un piano per il loro ordinamento, proponendo l’istituzione di un Archivio Diplomatico, che avrebbe dovuto raccogliere tutti i documenti facenti parte dell’archivio della vicedomineria ed altri più recenti da scegliersi nell’archivio corrente del Magistrato e costituire, assieme con l’archivio corrente di tutti gli atti processuali e un archivio ufficiale comprendente gli atti della Procureria Civica, un Archivio del Civico Procuratore, con lo scopo di documentare la memoria storica al servizio dei diritti politici del municipio [Cfr. Archivio del Procuratore. Coll. AD 10 F VI]. Esso, perciò, andava affidato alla responsabilità del Procuratore Civico. Ma soltanto nel 1830 il Magistrato Civico assunse Carlo Praun con l’incarico di separare gli atti aventi interesse storico od amministrativo da quelli inutili.

Il materiale documentario preso in esame fu quello dell’archivio del Magistrato Civico, con pochi documenti della vicedomineria, custoditi in un’area separata.
Per l’istituzione dell’Archivio Diplomatico era però necessario un lavoro preliminare di studio del materiale archivistico, che fu affidato a Giovanni Battista Hattinger, per sottolineare l’importanza del materiale archivistico e per realizzare la divisione fra i documenti storici e quelli più propriamente legali. Tale studio produsse alcuni interessanti elenchi. [Cfr. Elenco Delli Protocolli…Documenti ed altri Manuscritti…esistenti nel vecchio Archivio del Magistrato… in Trieste. Coll. AD 13 D 38/4]

Allo scopo di far affluire tutti i documenti storici nell’Archivio Diplomatico, Rossetti abbozzò un piano d’ordinamento per la creazione dell’Archivio stesso, secondo le seguenti categorie:

  1. libri dei Consigli municipali;
  2. libri della vicedomineria;
  3. libri dei giudizi civili;
  4. libri dei giudizi criminali;
  5. libri degli arenghi, ossia delle sentenze in materia criminale;
  6. libri dei procuratori generali e dei camerari,
  7. registri e documenti di beni stabili e dei livelli della Comunità e delle Chiese;
  8. atti, diplomi ed altri scritti d’ogni genere estraneo alle categorie precedenti.

Alla fine, però, Rossetti non riuscì a coronare il suo sogno, ma il suo interesse per gli archivi comunali fu raccolto da Pietro Kandler, che cercò di ricomporre la fisionomia originaria degli archivi cittadini sia operando acquisti a titolo personale sul mercato dell’antiquariato, sia recuperando molti atti sia erano ormai entrati a far parte degli archivi d’altre istituzioni a causa delle tormentate vicende della politica locale.

Nel 1858 Kandler rivolse un memoriale alla Delegazione Municipale in cui rinnovò la richiesta di provvedimenti per la sistemazione degli archivi sottolineando la necessità per il Comune di disporre di un archivio storico ben ordinato sia per le necessità dell’amministrazione, sia per il suo decoro, sia per le esigenze degli studiosi di storia patria.
Per il materiale proveniente dall’Archivio Segreto, Kandler propose un criterio d’ordinamento prettamente formale (sottoclassi ordinate per materia), mentre per l’archivio della vicedomineria pensò ad uno scarto del materiale superfluo. Egli si rese disponibile a dirigere tale lavoro con la collaborazione di Luigi de Jenner.
Il criterio adottato dal Kandler si fondava sulla necessità di non deviare dall’originaria fisionomia degli archivi, ma anzi di tentare di ricostruirla. Egli infatti ricompose i registri dei principali uffici del comune, mediante l’ordinamento cronologico e tipologico e fece rilegare i vari quaderni sciolti.
Il 17 luglio 1862 il podestà Stefano de Conti decretò l’istituzione dell’Archivio Diplomatico, che, quindi, era formato dalla concentrazione del materiale documentario appartenuto all’Archivio Segreto e di quello relativo all’archivio della vicedomineria. Costantino Cumano fu nominato conservatore. Tale carica era affidata ad un membro della delegazione municipale ed aveva il compito di incrementare le collezioni, autenticare le copie dei documenti originali custoditi e ammettere gli studiosi alla consultazione. Allo scadere del mandato del Consiglio municipale decadde anche l’incarico di conservatore di Cumano, così Kandler chiese la nomina di un responsabile temporaneo, avanzando la propria candidatura, ma il Consiglio nominò Giovanni de Baseggio, non evitando in tal modo un periodo di forzata chiusura dell’archivio.
Nel dicembre 1865 il consigliere municipale Stefano de Conti presentò un progetto di regolamento per l’Archivio Diplomatico chiedendo anche la nomina di una commissione consiliare per il suo esame, la quale, nel 1867, approvò il Regolamento proposto, in cui fu stabilito che non vi fossero trasferiti atti tolti dall’Archivio del Comune posteriori al 1780. Soltanto nel 1868 fu nominato Carlo Gregorutti come nuovo conservatore. Egli fece compiere all’archivista Filippo Kohen un inventario del materiale documentario.
Nel 1875 l’Archivio fu spostato in casa Polacco (poi Eisner-Civrani), dove vi rimarrà fino al 1904,quando, per carenze di spazio fu trasferito in via S.Lucia, sede in cui, però, si riscontrarono problemi di umidità e accessibilità.
Nella seduta del 9 aprile 1926, la Giunta Municipale deliberò che l’Archivio Diplomatico fosse unito alla Biblioteca Civica e ne nominò conservatore l’allora direttore Giacomo Braun. Per misure di sicurezza, durante la Seconda Guerra Mondiale, l’Archivio Diplomatico fu trasferito nell’abbazia di Praglia, in provincia di Padova e, solo nel 1952, assieme all’Archivio Storico, fu trasferito in Biblioteca Civica sotto la direzione di Aldo Tassini.
Negli anni ’70, precisamente nel 1977, l’Archivio fu aperto al pubblico, consentendo la consultazione dei fondi archivistici posseduti. Nel corso del 2003 fu trasferito provvisoriamente all’interno del palazzo Zois, fino al trasferimento avvenuto nel 2008 nell’attuale sede di via Madonna del Mare.


Bibliografia

Antoni, Francesco, 1990 Francesco Antoni
Archivi e storia politica a Trieste tra formazione e recupero della memoria storica, “Quaderni Giuliani di Storia”, 11, 1990, n. ½, pp. 25-77

Kandler, Pietro, 1861-1862. Pietro Kandler
L’archivio diplomatico, in Raccolta delle leggi, ordinanze e regolamenti speciali per Trieste pubblicate per ordine della presidenza del consiglio del procuratore civico. Esce a puntate secondo argomenti a spese del comune. Trieste, Tipografia del Lloyd Austriaco, 1861-1862.

Tamaro, Gigetta, 1989 . Gigetta Tamaro
Eleganza e semplicità accanto al Municipio, in Nuovissima Trieste antica, Alinari 1989, pp. 37-40.

M. L. Iona, Momenti di urbanistica e architettura attraverso le fonti: il caso di Trieste, in Gli Archivi per la Storia dell’architettura, Roma, 1999, pp. 458-499..

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